Base neurale del difetto di rilievo di innocuità nel disturbo ossessivo-compulsivo

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 11 marzo 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Se la psichiatria, al pari di grandi organizzazioni religiose e politiche avesse una coscienza della responsabilità storica e compisse una riflessione autocritica, noi psichiatri dovremmo chiedere scusa a tutte le persone affette da disturbo ossessivo-compulsivo, per i gravi errori di impostazione dell’approccio alla comprensione della realtà psichica di queste persone; errori derivati da teorie sviluppate spesso a partire dalla difficoltà nell’essere loro di aiuto.

I due grandi riferimenti che hanno ispirato le maggiori congetture teoriche sono rappresentati dal fondo psicastenico dell’ossessivo postulato da Pierre Janet e la struttura di personalità sadico-anale secondo l’interpretazione psicoanalitica originariamente elaborata da Sigmund Freud. Ma, nella pratica psichiatrica, troppo spesso tutto quanto non si riusciva a comprendere e a modificare terapeuticamente, veniva ricondotto ad ipotetiche componenti psicotiche.

Personalmente ho avuto il privilegio di un insegnamento che ha precorso i tempi, suggerendo piccoli difetti di sistemi neuronici in grado di influenzare le sintesi funzionali che si traducono in processi psichici. Questo insegnamento non era compreso e spesso ottusamente avversato da coloro che preferivano credere, per suggestione culturale e senza prove scientifiche, che l’accadere mentale e il comportamento del paziente ossessivo fossero la conseguenza di una struttura di personalità introversa, inibita, formale, scrupolosa, ordinata, meticolosa, intransigente, avara, superstiziosa, egocentrica, ostinata, rigida, con scarso senso dell’umorismo e talvolta tendente a compensare socialmente i propri difetti con atti e gesti platealmente opposti al proprio sentire e al proprio stile. All’opposto, Giuseppe Perrella mi aveva fatto notare la presenza del disturbo in persone socievoli, disinibite, prodighe, disordinate, altruiste, divertenti, ma che finivano per apparire rigide, scrupolose, meticolose e in preda a dubbi amletici quando particolarmente gravate dal peso dei sintomi[1].

I progressi compiuti negli ultimi decenni circa la conoscenza delle basi fisiopatologiche dei sintomi oggi fanno comprendere che non è necessario porsi nell’ottica dell’impresa impossibile di smontare un’organizzazione di personalità patologica per “sciogliere il nodo della nevrosi”, ma è opportuno condividere col paziente un programma che consenta di supportare e rinforzare i funzionamenti fisiologici attraverso la formazione di memorie esperienziali. Naturalmente, accanto alla necessità di conoscere bene il singolo paziente ed ottenere il suo fondamentale impegno autoterapeutico, sarà molto utile raggiungere una conoscenza esaustiva di tutti gli aspetti neurofunzionali correlati con i sintomi. A questo fine, ogni nuovo studio che fornisce un pur piccolo contributo è accolto con molto interesse da tutti coloro che seguono questo filone di ricerca.

Annemieke M. Apergis-Schoute e colleghi hanno studiato l’alterata segnalazione di innocuità nel disturbo ossessivo-compulsivo ottenendo un risultato degno di nota.

(Apergis-Schoute A. M., et al. Neural basis of impaired safety signaling in Obsessive-Compulsive Disorder. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1609194114, 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Psychiatry, Department of Psychology, Behavioural and Clinical Neuroscience Institute, University of Cambridge, Cambridge (Regno Unito); Hertfordshire Partnership University NHS Foundation Trust, University of Hertfordshire, Welwyn Garden City (Regno Unito); Department of Psychology, Trinity College Dublin, Dublin 2 (Irlanda); Postgraduate Medical School, University of Hertfordshire, Hatfield (Regno Unito).

Probabilmente non ci rendiamo conto, ma la capacità e la possibilità di attribuire valore di innocuità a stimoli e situazioni della vita di tutti i giorni ha una notevole importanza, e l’attività mentale prevalentemente inconsapevole che svolge questa funzione è veramente preziosa. Nel disturbo ossessivo-compulsivo (OCD, da Obsessive Compulsive Disorder), convenzionalmente considerato come una sindrome psicopatologica caratterizzata da un comportamento poco flessibile influenzato dall’ansia, si rileva in talune circostanze un difetto nella stima di innocuità, così come nell’aggiornamento di altre valutazioni, che si ritiene possano dipendere da ridotta efficacia funzionale di una rete di aree cerebrali che provvede a questo automatismo. In particolare, la corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC), che in numerosi studi è risultata di importanza fondamentale per la stima di innocuità, si ritiene possa essere implicata nella particolare fisiopatologia che condiziona l’elaborazione mentale e l’atteggiamento del paziente ossessivo in circostanze in cui emergono tratti sintomatici.

Gli autori dello studio hanno impiegato, in pazienti affetti da OCD, un tipico paradigma di inversione dell’apprendimento della paura, in cui uno stimolo precedentemente minaccioso diventa innocuo ed uno precedentemente innocuo diventa minaccioso, in modo da far dipendere la prestazione al compito sperimentale dalla capacità ed efficacia di aggiornamento della rete cerebrale da parte della regione di corteccia prefrontale preposta al ruolo. L’osservazione del cervello in attività durante le prove, mediante neuroimaging funzionale, è stata associata a misure di conduttanza cutanea, che costituiscono un riferimento affidabile. L’osservazione ha valutato, naturalmente, anche la capacità dei pazienti di discriminare alla prima esperienza fra stimoli minacciosi e stimoli neutri.

Le difficoltà dei volontari affetti da OCD, come vedremo più avanti, sono emerse solo dopo l’inversione del valore degli stimoli.

Per indagare l’importanza della vmPFC nella segnalazione dell’innocuità è stato impiegato il neuroimaging funzionale dell’inversione di una paura condizionata in senso pavloviano classico; un paradigma che implica un aggiornamento flessibile quando le contingenze riguardo uno stimolo minaccioso (CS+) ed uno innocuo (CS-) si invertono. I 43 volontari affetti dal disturbo psicopatologico, così come i 35 privi del disturbo, in tutto equivalenti e fungenti da controllo, sono stati sottoposti anche ad esame della risposta di conduttanza cutanea. Negli affetti da OCD le risposte di conduttanza cutanea non consentivano di distinguere durante le inversioni dai controlli sani, sebbene si fosse verificata una significativa differenziazione durante la fase iniziale del condizionamento e il segnale BOLD dell’amigdala non era interessato nei pazienti.

L’accresciuta attivazione della vmPFC (per CS+ → CS-) durante il condizionamento iniziale prediceva il grado di generalizzazione negli affetti da OCD durante l’inversione, mentre i segnali di innocuità della vmPFC nei pazienti erano assenti durante tutto l’apprendimento.

Regioni cerebrali appartenenti alla rete che registra la rilevanza (insula di Reil, talamo e corteccia anteriore dorsale del giro del cingolo) hanno fatto registrare un’iperconnettività con la vmPFC, legata al compito di apprendimento nei volontari affetti da OCD, coerentemente con l’elaborazione preferenziale di CS+.

I risultati emersi rivelano l’assenza di segnali di innocuità della vmPFC negli affetti da OCD. Tale deficit, sulla base dei ruoli riconosciuti a questa regione corticale, può spiegare sia la mancanza della flessibilità legata all’aggiornamento del valore di minaccia, che la compromissione della conoscenza esplicita della contingenza. Si può poi osservare che, sebbene l’apprendimento differenziale degli stimoli minacciosi si può verificare in parte senza i segnali di innocuità provenienti dalla vmPFC, un’efficace segnalazione CS- diventa cruciale durante il conflitto fra stimoli minacciosi e stimoli innocui.

Gli esiti di questo studio, oltre all’interesse per la comprensione delle basi dell’OCD, suggeriscono ulteriori indagini sulla segnalazione di innocuità da parte di vmPFC in altri disturbi d’ansia, con potenziali implicazioni per lo sviluppo di terapie basate sull’esposizione, in cui la segnalazione di innocuità è probabile che giochi un ruolo chiave.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-11 marzo 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Se si paragonano i tratti psichici e il comportamento di una stessa persona quando è in una condizione di sereno equilibrio e quando è in preda al panico, si comprenderà molto sia dei sintomi che della persona. Un esercizio simile - suggeriva Giuseppe Perrella - dovremmo compierlo per il paziente affetto da disturbo ossessivo-compulsivo: paragonare lo stato di compenso a quello di scompenso per conoscere la persona e la sua sofferenza, anche andando oltre lo schematismo della semeiotica psichiatrica che, riconducendo a supposte dinamiche caratteristiche della sindrome ogni manifestazione rilevante, può creare nello psichiatra quasi una barriera alla possibilità di conoscere realmente il suo paziente.